Ho incontrato l’altro giorno il direttore di una conosciuta azienda ticinese attiva nel commercio e nella logistica.
Alcuni anni fa, egli ha preso il timone dell’azienda, rendendosi subito conto che l’organizzazione era carente sotto numerosi punti di vista: mancavano dei processi formalizzati, i ruoli non erano chiari, il know-how aziendale era primariamente orale e legato alle singole persone…
Avendo alle spalle una carriera come istruttore professionista nell’esercito, ha provato ad applicare i metodi e gli strumenti della conduzione militare: dall’organigramma, alle funzioni chiave, all’approccio al problem solving e alle decisioni, alla gestione delle riunioni.
Risultato? Ottimo.
La sua esperienza si può così riassumere: il metodo militare non sarà perfetto (è rigido, schematico, poco aperto all’iniziativa personale e alla creatività), ma funziona. È semplice, comprensibile da tutti, definisce alcuni “paletti” fondamentali nella gestione organizzativa. È quindi un buon approccio in situazioni piuttosto disorganizzate, nelle quali i collaboratori e i quadri non hanno ancora maturato competenze organizzative, dove il capo deve costruire “da zero” l’organizzazione e la cultura organizzativa.