Quando ci guardiamo intorno vediamo grandi e solide società, con migliaia di dipendenti e miliardi di cifra d’affari. Sembrano robuste, inattaccabili, eterne… Eppure, appena andiamo a controllare i numeri, ci accorgiamo di come questa immagine sia illusoria.
Anche i mammut aziendali sono fragili, in pochi anni si può volatilizzare il lavoro e il valore accumulato di decenni.
Ricercatori americani hanno elencato le 100 maggiori società del mondo, nel 1919. Poi ne hanno seguito le sorti nei decenni. Con risultati sorprendenti: di quelle 100 super-aziende, nel 1995 ne erano sopravvissute solo 52, poco più della metà. Insomma, in tre quarti di secolo (che è più o meno la durata di vita media di un uomo) metà dei mammut era scomparso. Di queste, ben 29 erano semplicemente fallite.
E c’è di più: della metà rimasta, solo 19 società restavano nelle prime 100 della classifica.
Cosa ci insegna tutto ciò? Che il mercato è un ambiente estremamente competitivo e pericoloso, anche per i migliori. Una giungla senza pietà per chi commette errori e non sa apprendere e migliorare. La semplice potenza economica non garantisce la sopravvivenza. Sopravvive non il più grande o il più ricco, ma chi sa adattarsi ed evolvere, proprio come fanno da milioni anni le specie animali e vegetali.
E proprio quello fu il segreto che permise ai nostri lontani progenitori mammiferi – piccoli, flessibili, capaci di adattarsi con intelligenza – di sopravvivere alle catastrofi climatiche invece spazzarono via i dinosauri, circa 65 milioni di anni.
Oggi questo segreto viene chiamato RESILIENZA e le aziende leader cercano di applicarne i concetti per aumentare le probabilità di sopravvivenza sul lungo periodo.
Fonte: Paul Ormerod, Why Most Things Fail: Evolution, Extinction and Economics