Si sta profilando una mobilità sempre più complessa. In alcuni casi, è già presente una condivisione di talenti tra aziende su scala globale ed è naturalmente compito dei team HR adeguarsi a questa realtà mettendo in atto delle politiche capaci di rispondere in modo efficace alle nuove tendenze.
I progetti di mobilità saranno sempre di più caratterizzati da “assignment” all’estero più brevi rispetto al passato (si stima tre mesi circa) e sicuramente aumenterà il numero di professionisti impiegato secondo queste nuove logiche.
Quanto osserviamo e continueremo a vedere, deriva anche dalla necessità di rispondere all’esigenza di una maggiore flessibilità espressa da parte delle nuove generazioni.
Per risultare al passo con le nuove tendenze, sarà indispensabile mettere in atto misure adeguate per essere conformi in tema di politiche di immigrazione, sicurezza sociale, gestione delle diverse tassazioni.
La mobilità globale è indubbiamente una misura costosa e il ritorno di investimento (ROI) può non sempre risultare chiaro. Le direzioni strategiche delle aziende dovranno avere costantemente a disposizione dati per monitorare la situazione ed effettuare eventuali azioni correttive.
Da un recente studio effettuato da PWC, primaria realtà di consulenza internazionale, risulta che solo il 9% delle aziende su scala globale effettua un sondaggio interno per verificare la disponibilità dei dipendenti verso una missione all’estero.
Sicuramente utile, per le realtà medio-grandi, avere all’interno delle aziende una divisione centralizzata dedicata alle politiche di global mobility. Per le società più piccole, fondamentale affidarsi a consulenti esterni, esperti in materia.
“Il mondo è un villaggio globale” McLuhan
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