Il classico colloquio strutturato o comportamentale è dunque sinonimo di una pratica ormai vetusta da accantonare?
Nuove tecniche o vecchi metodi?
Come accennato in apertura, il mercato del lavoro ha subito una profonda trasformazione in termini qualitativi. Oggi si ricercano prevalentemente profili altamente specializzati e si creano continuamente nuove professioni in settori che, fino a qualche anno fa, altro non erano che aree di attività emergenti ma non ancora così ben definite e regolamentate come ai giorni nostri (ad esempio, il settore IT o la Cyber Security).
Fatta questa precisazione e, stando a quanto riportato da un recente report di LinkedIn Talent Solution sulle tendenze nel settore HR, si può asserire con cognizione di causa che il classico colloquio conoscitivo standard non verrà facilmente soppiantato delle nuove tecniche di recruiting, bensì, continuerà ad esistere come parte integrante e complementare alle nuove tecniche di selezione.
Secondo questo sondaggio, il 74% degli intervistati sostiene che il colloquio face to face rimane, e rimarrà ancora a lungo, la scelta più gettonata, quando si parla di nuove assunzioni.
Completare, non sostituire!
Va precisato che alcune di queste nuove tendenze nel mondo del recruiting si “sposano” in modo ottimale con il classico colloquio di selezione, andando a colmare o ad approfondire alcuni aspetti che solitamente, vengono a mancare o lasciano qualche dubbio in quanto oggetto di interpretazione personale (e/o pregiudizio), da parte di chi conduce le interviste e di chi poi ne valuta l’efficacia.
In sostanza durante un colloquio classico strutturato e/o comportamentale, l’intervistatore potrebbe porre domande nate da un “sentire” del tutto personale (pregiudizio), spesso poco concrete ed efficaci al fine di far emergere le reali competenze e qualità distintive del candidato, ignorando o addirittura annullando alcuni aspetti oggettivi e singolari del concorrente alla selezione; dai suoi punti forti e deboli alle soft skill richieste per la posizione vacante.
Sembrerebbe infatti che in non pochi casi le tecniche tradizionali di assunzione, portino gli intervistatori a scegliere il candidato più brillante in termini di approccio comunicativo, oppure si predilige l’individuo che dimostra di saper gestire meglio situazioni impreviste ma non è detto che questi sia davvero il candidato più idoneo per la posizione offerta. Inoltre i metodi tradizionali di selezione presentano un conto considerevole in termini di costi e di tempo necessario per arrivare alla short list dei candidati (il 40% degli intervistati segnala una forte preoccupazione per processi di selezione troppo lunghi e snervanti!).
Alla ricerca dell’imparzialità
Ecco allora come le nuove metodologie possono aiutare i selezionatori a prendere decisioni sulle assunzioni, con maggiore consapevolezza e meno errori dettati da fattori soggettivi: la “parola magica” in questo caso è: imparzialità.
Vari studi sull’argomento evidenziano come almeno il 50% dei selezionatori si dichiari convinto di come alcuni metodi di selezione attuali siano realmente efficaci proprio per il loro carattere prettamente oggettivo nella valutazione di ogni aspetto, sia hard che soft del candidato, permettendo così di svolgere un’analisi più attenta sulle esigenze e sulle aspettative reciproche e fornendo indicazioni imparziali sul reale matching fra il candidato, l’azienda e il ruolo da ricoprire.
Ma quali sono questi nuovi metodi di assunzione e perché funzionano?
Sostanzialmente, parlare di nuove tecniche di recruiting, equivale a descrivere le fasi principali che le aziende più innovative stanno integrando e implementando nei loro processi di selezione.
- Valutazione delle soft skill: molte aziende hanno compreso che i profili social dei candidati forniscono innumerevoli indizi utili a valutare la coerenza di valori e visione fra candidato e azienda. In effetti sui social si possono recuperare facilmente informazioni circa la motivazione del candidato o la sua predisposizione a lavorare in team, come pure la sua visione, alcuni aspetti del suo carattere e altro ancora.
- Assessment: al candidato vengono sottoposte prove che variano dal produrre lo scheletro di un progetto qualsiasi fino all’elaborazione di una strategia e/o allo svolgimento di test attitudinali specifici. Questa pratica è oggigiorno sempre più diffusa in quanto permette ai recruiter di capire meglio il grado di preparazione del candidato e soprattutto di valutarne le capacità di problem solving e gestione dello stress.
- Incontro di networking: sempre più esperti di HR sostengono che incontrare i candidati fuori dal contesto professionale, risulti molto efficace al fine di valutarne con più accuratezza le capacità relazionali, le attitudini, l’atteggiamento, i valori e la visione. Si sceglie un ambiente informale, un bar, un ristorante, ecc. e si osserva attentamente il candidato nelle sue azioni/reazioni, al fine di prevederne il comportamento, una volta assunto dall’azienda.
- Realtà virtuale: vengono creati ambienti virtuali e immersivi (come per i giochi di ruolo) in cui i candidati, per un lasso di tempo definito, devono muoversi, interagire con oggetti, portare a termine missioni e raggiungere un certo obiettivo. I movimenti del candidato all’interno del gioco, le decisioni prese e le azioni svolte, forniscono ai recruiter dettagli significanti al fine di valutarne l’idoneità per la posizione offerta.
- Video colloqui: possono essere online (Zoom, Skype, ecc.) o registrati. Fanno risparmiare tempo prezioso e accorciano le distanze nel caso di assunzioni a carattere internazionale.
Evoluzione piuttosto che rivoluzione…
Visto quanto detto finora, si può affermare che il colloquio di lavoro tradizionale continuerà ad esistere anche in futuro e rappresenterà il fulcro principale di un processo strutturato che si avvale di altre metodologie di selezione moderne con lo scopo di identificare e valutare alcuni aspetti del candidato che altrimenti potrebbero non emergere.
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